mercoledì 8 maggio 2013

Fall in love with a library.

Sono di nuovo qui nella biblioteca della Musashino Art University. La amo, con tutto il cuore, qui dentro mi ci sento troppo bene. I primi giorni mi son sentita un po' goffa a girare con il carrello che si trasforma magicamente in sgabello e tavolino all'occorrenza, per consultare i libri senza doversi portare tutto il peso addosso, da seduti o in piedi. Mi son sentita colpevole a sedermi su quelle sedie che di solito si trovano sui libri di design, che io che sono ignorante in fatto di design del prodotto pure conosco, se non di nome, almeno di vista. (Per dire, oggi mi son seduta sulla sedia Rietveld, che non so in quante prospettive, sezione e assonometrie diverse ho dovuto disegnare nel corso di disegno del primo anno.)

Poi l'ho esplorata un pochino, non è grandissima, ma ho trovato degli angoli che mi piacciono troppo. Soprattutto la zona computer, da dove sto scrivendo. Si ha la visione generale della biblioteca, dell'esterno, del piano di sotto con le riviste, e a sera le lampadine che sono ad altezza diversa, si riflettono nelle vetrate come lucine di natale, come delle stelle, e l'atmosfera è così raccolta, tranquilla.

Stavo pensando alle biblioteche del Politecnico di Milano, o almeno, a quelle che frequento io
la biblioteca di matematica (dipartimento BEST), la biblioteca del Campus Durando e quella di Architettura a Leonardo.

Sarà che il mio ricordo di quelle biblioteche non è molto buono perché legato al periodo esami, chissà. Ma ci sono andata molte volte anche solo per passare il tempo, cercare qualche libro per svago o andare a salutare gli amici. Ma se penso alla situazione delle suddette biblioteche mi viene in mente questo*

rispettivamente

per la biblioteca di Matematica* ingegneri stressati stempiati a furia di grattacapi, la bionda col colbacco che si aggira inquietante con la cartelletta alla ricerca di un posto, la ricerca disperata di un posto per sedersi, la sensazione di sottomissione allo studio, qualche ragazza (oddio, ora mi vengono in mente le due tipe che stanno sempre insieme che mi mettono una certa inquietudine). Poi, la pausa caffè alla macchinetta nello sgabuzzino, le solite facce (belli capelli che alza la media), Andrea, Qi e Daniele che se non ci fossero loro non saprei neanche l'esistenza di questo posto, essendo imbucato alla fine di un vicoletto nel campus. Poi, la tizia che 20 minuti prima della chiusura si mette a urlare La biblitoteca chiUUUDEEEEE! E la ricerca disperata di un posto. Un giorno sono arrivata lì prima che aprisse, e c'era la coda, anzi, la ressa.

per la biblioteca di Architettura* una specie di labirinto a vari piani, dove se sei fortunato trovi un posto decente nella prima zona. Altrimenti ti tocca scendere le scale che puzzano di fognatura, e trovare posto nel seminterrato dei giornali dove hanno riviste quali "La rassegna del bitume" (giuro!) o Laterizi. E qui  è popolato dagli architetti, quindi contare quanti (ragazzi e ragazze) hanno t-shirt e camicia a quadri aperta (fantasiosi questi architetti) diventa un passatempo. Poi c'è la zona che da sul patio (cioe lo vedi da fuori, ma sei in trappola, cmq) sporchissima, incasinata, tutti parlano, spazio minimo, bordello assicurato. L'unica cosa, e che almeno puo caricare il computer. Ma ho un ricordo un giorno che ero lì a tentare di scrivere la tesi, questi cacchi di tre ingegneri seduti di fronte che continuavano a fissarmi senza pudore, they freaked me out! 

per la biblioteca di Durando*
è quella piu varia: ci sono gli ingegneri che studiano e fanno gli esercizi ai tavoli, ci sono le designer che fanno la sfilata per andare a cercare i libri, ci sono gli architetti che fanno i fighi nella zona di Tadao Ando e Alvar Aalto, e poi c'è il vecchio di Bovisa (o meglio c'era, non si vede da un po': chissà se sono stati i tornelli a fermarlo o forse di natura superiore. un giorno scriverò un post solo per lui). 
Poi ci sono le tizie allo sportello che il giorno che hanno messo la macchinetta automatica per prendere i libri ho acceso un cero a Leonardo Da Vinci per non doverci piu ad avere che fare più di tanto. E poi scusa, se io voglio leggere Farenheit 451 saranno pure cacchi miei.
E comunque è un casino trovare posto, le sedie sono scomode e pesanti e guai a spostarle, fanno un casino, ssssstridono sul pavimento che neanche gli effetti speciali dei film horror.

E comunque tutte e tre sono strapiene, non si trova posto, si vede solo una lunga fila di scaffali e stop.
Ok, non voglio paragonare la biblioteca della Musashino, progettata da Sou Fujimoto, con quelle di Milano. O almeno, voglio tralasciare il fattore estetico, che sennò dobbbiamo stendere veli pesanti e pietosi. 
Ma... ecco, ritornare a parlare della biblioteca della MAU. Non riesco più. Non c'è paragone.

Mettete play e chiudete gli occhi. E provate a immaginare il sapore del the al gelsomino. Signori, vi presento la Musashino Design Library

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