martedì 9 ottobre 2012

Sciura, Sciurin e Sciuretta

Probabilmente non ho la prontezza di riflessi e la giusta dose di forza di volontà e accia tosta per tirar fuori il telefonino e fare una foto fuori dal finestrino con la gente sul tram che pensa 'che minchia fotografa questa qua?' ma ora so che ho perso la foto della mia vita. Le scene che si presentano davanti agli occhi una volta nella vita, e pure a volerle ricreare, non sarebbe lo stesso.

Quindi armiamoci di pazienza paesologica, come il buon vecchio Franco Arminio, che tanto mi ha fatto penare il suo libro e le sue strambe idee, ma che poi alla fine, sono diventa un po' come lui, e quando passo per la città, 'solo me ne vo per la citta', documento le cose.

La scena, che chiameremo 'sciure in fila al parrucchiere'. Eccole li, le tre sciurette di Niguarda (per chi non lo sapesse, quartiere a nord di Milano), in fila come i tre porcellini. Una magrolina, l'altra normale, l'altra grassoccia. Accomunate dalla stessa pettinatura derivante da bigodinatura (da chiedersi se esiste davvero questa parola). Capelli bianchi. Parlano chiaramente in dialetto milanes perché non riesco a leggere il labiale. Ce n'è un'altra che si avvicina furtiva e le osserva. È il lupo. Vestita in stile più moderno, capelli tinti. Nel frattempo eccole lì, le tre vecchiette, ben allineate sotto l'insegna 'acconciature femminili' (andavano immortalate senza ombra di dubbio, me ne dolgo e me ne pento ora). La scena è stata anche più divertente nel moneto in cui la saracinesca ha cominciato a salire, le tre vecchiette hanno fatto un salto di paura. Risata generale, piroetta di 180 gradi e tutte in fila per entrare.

Sarebbe stata la foto, come 'chi era? (sono una schiappa coi nomi)' e la foto dei poveio in fila alla mensa dei poveri e il cartello pubblicitario sul sogno americani alle spalle.
Lo so, la modestia non mi appartiene.

domenica 7 ottobre 2012

A volte i personaggi dei romanzi scappano dal libro e prendono forma

Ecco che me ne sto lì nel ristorante del botel, l'albergo barca sulla Moldava, a fare colazione, o meglio, a guardare Andrea fare colazione (scorpacciate di pane e salame strano, uova soda e burro e marmellata), mentre sorseggio soltanto un te senza zucchero, che compaiono i due: Lolita e Humbert Humbert, direttamente dal libro di Nabokov che ho finito di leggere qualche settimana fa.
Se avessi voluti cercare di dare due facce che incarnassero i due personaggi del libro, non sarei riuscita a fare di meglio. La ragazzina bionda, pettinatura stravagante, asimmetrica, pantaloncini neri ricavati da vecchi jeans larghi neri, magari del padre, il vero padre. Gambe lunghe, collant ricamati. Andatura sicura, sguardo fiero. È Lolita, non ci sono dubbi. E il tizio con lei, che poteva essere il padre, ma che poteva anche non esserlo. Diciamo il patrigno, che accompagna la figliastra in giro per l'Europa. La giusta età per poter essere il padre, la stessa premura per poter sembrare il padre, lo stesso distacco da poter sembrare il padre. O forse il suo amante.