lunedì 9 aprile 2018

Piccole riflessioni dello scrivere sul blog in questi giorni pigri e grigi

Strano come stamattina mi sia venuta improvvisa voglia di scrivere su un blog.
Ora che ci penso è stato leggere un altro blog che parlava di libri letti negli ultimi mesi che mi ha fatto pensare di aggiornare anche il mio, o meglio, di crearne un'altro (figuriamoci se ogni volta non mi viene voglia di creare una cosa nuova, e non parlo solo di blog, la regola vale per tutto, instagram, nuove playlist per spotify, un quaderno nuovo per un altro progetto, etc..) E quindi perchè sono ancora qui, a scrivere su quello vecchio? Risposta semplice: perchè non so che nome dare a un altro blog. "annalindainparis" ma poi se mi trasferisco? "lastanzadiannalinda" triste e creepy allo stesso tempo. "coffeewithannalinda" mi fa pensare a covfefe di Trump. "annalindaandthecity" due "a" di fila e poi quale city? "helloannalinda" fa pensare a "hellovalentine". "ilblogdiannalinda", "annalindablog", "annalindablogga" la banalità. "annalinda's" mostra tutto il nostro egocentrismo (ah, questo su qui sto scrivendo si chiama già così?) Morale della favola, non posso star lì una mattinata intera a pensare come si chiamerà il blog, ho tanti altri progetti a cui pensare, iniziare e forse la volta buona in cui finirne qualcuno, quindi passiamo ad altro.

Ritornando sul blog mi rendo conto che dovrei scrivere più spesso, in ogni caso. Ho riletto cose che la vecchiaia mi ha fatto dimenticare. È vero che tengo traccia dei libri che scrivo, dei film che guardo, delle persone che incontro, dei ristoranti, discoteche, concerti, bar in cui/a cui vado, ma non basta.
Poi vabbè, a nessuno interessano le piccole stupide storielle della mia vita, potrei benissimo comprare una moleskine più grande l'anno prossimo e annotare più cose. Vedremo.

ora che ci penso, una dei motivi per cui avevo smesso di scrivere sul blog, che è poi lo stesso motivo per cui ho smesso di scrivere le recensioni di libri su anobii, è stato perchè vivevo le cose pensando a come raccontarle in seguito (e quindi leggevo i libri annotandomi le cose da dover scrivere). Che poi pensandoci meglio forse questo non è un male. è un esercizio per la mente, no? Soprattutto pensando a tutto il tempo che il mio cervello subisce informaΩioni passivamente, forse sarebbe il caso di mettersi di nuovo a farlo lavorare attivamente (sì, internet, è colpa tua)

Dopo questa piccola confessione mattutina, che poi nel frattempo è arrivato mezzogiorno, mi congedo e vado a scrivere le mie mille parole quotidiane per la mia tesi. Che magari scriverle fosse facile come scriverle qui sul blog.

martedì 7 giugno 2016

Ora però mi contraddico e non nego che non c'è niente che mi piace più dell'odore dei libri nuovi.

Mi piace comprare libri vecchi e trovarci delle storie. Non parlo della storia scritta "nel" libro, ma della storia raccontata "dal" libro, l'oggetto fisico.
Come quella volta che ci ho trovato una foto, probabilmente messa lì negli anni duemila ma scattata molto tempo prima, probabimente risalente agli anni ottanta. Una foto di quando si era ragazzi, amici e spensierati. Mi piace immaginare che sia uno dei personaggi della foto, ormai invecchiato, ad averla scelta come segnalibro. Non ricordo neanche che libro fosse ora, ma mi ricordo della foto, dei sorrisi e delle pose.
Qualche altra volta si trovano delle macchie di vino e caffè, briciole di biscotti nelle pieghe della rilegatura.
Altre volte, spesso, c'è la dedica di qualcuno per la sua migliore amica, per il suo amore. E mi chiedo come sia andata a finire quella storia. Perchè per vendere un libro regalato da un buon amico deve esserci veremente un motivo grave dietro.
'À Celine, pour en finir avec la malediction des "retours"...
En amicale pensèe Valèr ... ' e altre cose che non riesco a decifrare, dedica accompagnata dal disegno di due profili, un uomo e una donna.
Ieri per esempio sono stata alla lavanderia automatica dietro casa e ho trovato una guida lonely planet del Giappone, in inglese. Dietro c'è un indirizzo e-mail, ho cercato quel nome sul facebook e ho trovato la proprietaria. Forse il social network rende le cose meno romantiche, meno spazio per inventarsi delle storie, ma ecco che il libro ha una proprietaria, una piccola storia da raccontare.

sabato 31 gennaio 2015

loop

C'erano una volte le sere d'estate a Parigi, quando tornavo a casa con l'ultimo metro e ascoltavo Ribs in loop nell'ipod, e mi sentivo felice, ma triste allo stesso tempo. O prima felice e poi triste. O viceversa.

The drink you spilt all over me
"Lover's Spit" left on repeat
My mum and dad let me stay home
It drives you crazy getting old


Mi ricordo il giorno del mio primo compleanno a Parigi. La città la sentivo ancora nuova, tutta da esplorare, la mattina mi sono alzata di buonora, sono andata a in bicicletta ad andare a mangiare in un ristorante coreano che avevo trovato su internet, che quando però sono arrivata lì non esisteva più. Ho scoperto una chiesetta molto bella, un quartiere un pò giusto all'angolo con Strasbourg Saint-Denis, molto colorito, ma da cui ero scappata a gambe levate quando mi sono trovata in una via di parrucchieri da donna tutti neri, tutti con parrucche treccine, e io che avevo paura che mi facessero lo scalpo, e allora via in bicicletta con i capelli sciolti al vento. E poi la decisione di cambiare direzione, cambiare zona della città, in fondo era una bella giornata di sole, e allora me ne sono andata sulla Senna, verso Austerlitz, verso quella roba verde futuristica che poi ha preso il nome di Nuba, e la Biblioteca Francois Mitterand, che finora avevo visto solo disegnata sulle cartine, che sì, è abbastanza grande che ce la disegnano spesso. E il sole caldo, la salita in bicicletta, l'acqua gratis di Parigi, benedetta, e pure frizzante. Il Food truck che vanno di moda a Parigi, Fish and Chips come regalo di compleanno, seduta sulle scale guardando la Senna e ascoltando la musica del Batofar. Il venticello, la tranquillità, le telefonate a casa, io di un anno più vecchia, in una città diversa, un'altra ancora.

E poi chissà perchè, tornata a casa, dove essermi comprata un bel vestito a pois, uno che avevo già visto da tempo ma che il giorno del mio compleanno ho avuto una buona scusa per comprare, chissà perchè, sono scoppiata nel più lungo dei pianti, come non piangevo da tempo. Mi sentivo sola. Il giorno del mio compleanno, tutta sola, in una città nuova, e un vestito nuovo.

Ora è inverno. Ho comprato ancora dei vestiti nuovi e delle scarpe nuove, ma sono ancora in quella città, che non ho ancora finito di esplorare.

Non so perchè stasera mi sia venuta in mente questa storia. Forse perchè stasera, tornando a casa con l'ultimo metro, ho ascoltato ancora Ribs, sotto un'inizio di pioggerellina, come in quelle sere d'estate in cui correvo per cercare di raggiungere casa, che allora non era ancora casa mia, prima che iniziasse il temporale. Ma stasera, a differenza dell'estate, la pioggerellina non si è trasformata in tempesta. Probabilmente si trasformerà in neve.

domenica 26 gennaio 2014

ci scusiamo per la mancanza di maiuscole e di entusiasmo.

certe sere ho voglia di scrivere, ma non ho voglia di pigiare i tasti.
potrei dettarlo a Siri, la tizia idiota parlante dell'iPad, ma poi quindi non sarebbe scrivere, e neanche uno stream of consciousness, direi più uno stream di wtf, dato che tutti sappiamo che non sono molto brava nell'esposizione orale, molto chiara soprattutto. ma sorvoliamo, ecco. ho sempre avuto volti alti nello scritto e voti di merda nell'orale. e non ho mai copiato.
quindi, fatta la premessa, arriviamo al dunque.
in realtà facendo la premessa mi sono dimenticata di quello che volevo dire, e quindi credo che chiuderò il computer e mi metterò a dormire.
è sempre così: parto con l'idea di fare una cosa, faccio qualche deviazione e alla fine non faccio niente di quello che mi sono prefissata.
ecco, questa la potrei definire la storia della mia vita.

martedì 19 novembre 2013

Ho una vita sregolata ma quando tento di fare le cose giuste poi sono le cose ad essere sregolate.

Sono in un aula vuota al Poli, per la precisione quella in cui facevo "Scenografie di Luce" l'anno scorso. Ogni tanto la luce si spegne da sola dato che c'è il sensore di movimento. E dato che ci sono solo io, si spegne spesso, dato che i miei movimenti sono minimi. E ogni volta mi prende un colpo. E sembra che stia piovendo qui dentro, c'è l'acqua che scorre giù per una grondaia che passa nel bel mezzo del stanza, suppongo. 

Certo, avrei di meglio da fare che scrivere su un blog che nessuno legge.
Ma mentre faccio colazione con una focaccia, passo il tempo.

Anche stamattina mi son svegliata alle 7 dopo aver dormito solo 4 ore, un po' colpa degli zombie, un po' colpa del fratello che c'ha l'insonnia, un po' colpa della pizza che proprio non ci riuscivo a digerirla. Ma son saltata giù dal letto con tutta la buona volontà, mi son fatta lo shampoo, ho bevuto un tè, mi son sorbita i discorsi di mio fratello su Games of Thrones [i libri, non la serie] che mi raccontava di personaggi, di popoli, di territori, di schivitù. Ce l'ho messa tutta a prepararmi senza buttarmi sul divano per dormire "altri 5 minuti", ce l'ho messa tutta per uscire di casa e andare in uni sotto il diluvio universale. 

E niente, l'unica volta, e dico l'unica volta che arrivo a lezione di "Cultura del Cinema" in orario, la lezione non c'è causa interruzione delle lezioni per workshop.
Detto questo, era meglio restare a casa a dormire.
Chissà se esiste un aula per dormire come quella che c'era alla Musashino Art University anche qui al Politecnico. 

lunedì 18 novembre 2013

Lunedì mattina alle 7 e un quarto

E mi sveglio il lunedì mattina alle 7 e un quarto dopo aver passato la notte insonne, tra caldo-freddo-caldo sotto il piumino-senza il piumino, mio fratello che gironzolava per casa che non riusciva a dormire manco lui, e forse sarà stata colpa della pasta e delle castagne, bisogna mangiare meno e prima, la sera, e non guardare The Walking Dead che poi fanno venire gli incubi.
Dicevo che mi son svegliata alle 7 e un quarto, che sinceramente non ce la facevo più a sentire la sveglia che suonava in cucina dall'iPad, e prima che si mettesse a suonare, o meglio a urlare, la radiosveglia in bagno sintonizzata su RDS, son saltata giù dal letto che neanche il primo uomo quando è sceso sulla luna.
Mi son svegliata alle 7 e un quarto, che neanche nei giorni di lezione, che finora son riuscita ad arrivare sempre in ritardo, anche il primo giorno ovviamente, e anche il giorno della presentazione, e l'unico giorno che son arrivata in orario è arrivato il diluvio universale appena ho messo piede nell'edificio di Design.
Mi son svegliata sì alle 7 e un quarto con qualche buon proposito, tipo aggiornare il portfolio online, ma ora è passata un'ora, ho bevuto già un tè, ho curiosato sui profili behance dei miei compagni di corso, poi sono andata a perdermi un po' su facebook, e poi su tumblr, e ciò non è mai una buona idea, e quindi il mio buon proposito è ancora un proposito.
Alle 7 e un quarto mi è venuta anche la splendida idea di mettermi a leggere il classing log delle lezioni di CS di Tadanori Nagasawa in Giappone, e mi è venuta tanta nostalgia della Musashino Art University, di Kimi e Kate, e Riku e Ayako, e pensando che Ochi poteva iscriversi al corso l'anno scorso, che c'ero pure io, e che cacchio.
Il lunedì mattina alle 7 e un quarto, l'80% dei post su facebook parla del lunedì mattina medesimo: Odio il lunedì, il lunedì è blue, lunedì+presto+freddo=brutto brutto. Cose così e poi si aggiunge la splendica previsione di pioggia per tutto il giorno, e allora sì, sembra proprio un bel giorno, questo famoso lunedì.
Mi son svegliata alle 7 e un quarto stamattina, è lunedì, non ho lezione, non ho voglia di lavorare al progetto per l'uni nè di aggiornare il portfolio, il cielo è grigio gradazione 50%, credo piova, ho bevuto il the, ma sai che c'è? Quasi quasi me ne vado a dormire di nuovo.

giovedì 20 giugno 2013

E non perdere tempo a cercare titoli di post che nessuno leggerà mai.

Ho letto qualcosa che ha fatto venire improvvisamente voglia di scrivere anche a me. E mi ha fatto venire voglia di diventare produttiva al massimo, spendere le mie notti insonni a finire progetti e cominciarne di nuovi, dormire qualche ora al mattino, rilassarmi un po' al pomeriggio, e poi ricominciare. Mi ha fatto venire voglia di organizzarmi la mia restante permanenza qui in Giappone. Fare un libro fotografico, creare una fanzine, creare un portfolio online e finire il report per sabato. Mi ha fatto pensare al fatto che parlo a sproposito, mi ha fatto ricordare che una volta ho iniziato a scrivere un libro su di me in terza persona. Vorrei suonare l'ukulele adesso, registrare una canzone, migliorare il mio inglese e imparare il giapponese davvero. Vorrei che al mio tre la mia vita diventasse ordinata e organizzata, e vorrei avere un dizionario molto più forbito.
Il mio programma a breve termine è: riordinare la stanza, eliminare il superfluo, fare lo shampoo, rifare il futon con le lenzuola pulite, preparare un caffè, e stabilire l'itinerario per domani, trovare qualche museo interessante a Tokyo se piove, e un alternativa se c'è il sole. Pensare al progetto di Kimi e allo storyboard del video. E soprattutto non cadere nell'inerzia.

ok, quindi, ichi, ni, san.